Sono passati oltre 30 anni dalla prematura scomparsa di Orlando Orlandi, senza ombra di dubbio un grandissimo delle redini lunghe del trotto toscano e non solo. Orlando, infatti, viene spesso ricordato soprattutto, e quasi solo, per il suo grande successo nel “Città di Montecatini” con Agaunar e, genericamente, si dice che era un grande. Per carità, quello fu un vero exploit, dato che, montato all’ultimo momento sulla bionda figlia di Oriolo, nell’occasione Orlando fece stabilire alla forte femmina, in un solo colpo, ben 4 record. Ma Orlando è stato anche molto altro. Numeri alla mano, negli anni ’60 e ’70, Orlando è stato infatti un protagonista assoluto delle piste toscane insieme a Vivaldo Baldi e a Nello Bellei. La classifica nazionale dei guidatori parla chiaro: dall’inizio degli anni ’60 fino a metà degli anni ’70, Orlando è stato costantemente nelle prime dieci posizioni, “viaggiando” intorno alle 100 vittorie l’anno, che a quei tempi, dove l’ippica era per lo più stanziale, erano veramente tante. E l’apice lo raggiunse nel 1970, classificandosi quarto, con 109 vittorie, alle spalle di Nello Bellei, Gioacchino Ossani e Edy Gubellini. Questo grazie alle sue grandi qualità di guidatore e, soprattutto, di allenatore. «Ma se avesse avuto un altro carattere �" ci spiega Sergio Orlandi, figlio maggiore del popolare “Cadorna” �" il babbo avrebbe potuto fare molto, ma molto di più. Tanti gli episodi che ti potrei raccontare, per farti capire come il suo caratteraccio gli abbia complicato la vita. Anche se, a onor del vero, la fortuna in più di una circostanza non è stata certo dalla sua parte. Anzi. A cominciare da quella clamorosa ingiustizia subita per un’intercettazione sbagliata, che gli è costata addirittura un arresto. Un arresto assurdo, quanto ingiusto, che però segnerà un po’ la sua fine professionale. Il babbo, infatti, pochi anni prima, nel novembre del 1974, guidando in corsa Billing, un ottimo 4 anni bolognese della scuderia Los Alamitos (scuderia che faceva capo a Riccardo Tempestini, babbo dell’amico Enrico Tempestini) che Lamberto Bergami gli aveva affidato nell’occasione, ebbe un malore in corsa. Il babbo, devo dire eroicamente, riuscì a portare al traguardo, vincendo, Billing: pensa, accusò una paresi alla parte destra e, appoggiato tutto sulla guida sinistra portò a termine il percorso. Incredibile… Poi, finita la corsa, fu prontamente soccorso e portato all’ospedale, dove gli riscontrarono una ischemia cerebrale transitoria con residui di paresi al lato destro. Devo dire che, piano piano, con pazienza, si riprese e ricominciò la sua attività. E ricominciò anche a vincere. Seguendo però delle regole precise, come gli avevano prescritto i medici. Fondamentalmente una vita più sana. Poi, però, quell’arresto incredibile sconvolse tutto».�" con Sergio Orlandi e altre 2 persone
Racconta… «Fu tutto un equivoco. Ma le conseguenze furono devastanti. Era il periodo del calcioscommesse, gennaio del 1980, e un conoscente siciliano del babbo, parlando da un ristorante parlemitano il cui telefono era sotto controllo (allora non c’erano i cellulari…), chiese al babbo, che rispose dal telefono delle scuderie dell’ippodromo delle Mulina, se in quella giornata di corse gli piaceva qualche suo cavallo. Il babbo gli disse che non aveva grandi chances nella giornata, però fra tutti a lui non dispiaceva per un piazzamento Fotografia, una saurina che aveva problemi di andatura, ma che grazie “all’aggiunta di qualche grammo davanti” sembrava sulla strada giusta. Quel “qualche grammo” (che si riferiva a una ferratura più pesante) fu completamente travisato, e in men che non si dica la polizia arrivò all’ippodromo e il babbo fu spedito addirittura all’Ucciardone. Come l’ultimo dei delinquenti. Fu un momento durissimo che durò oltre due mesi, dopo i quali, a fine marzo, con tante scuse, lo rilasciarono riconoscendo l’errore macroscopico fatto, ma, come detto, le conseguenze furono nefaste. Per il nervoso che aveva addosso, il babbo aveva ricominciato a fumare più di prima, e anche tutte quelle regole di “buona salute” che avrebbe dovuto seguire con attenzione, ovviamente andarono a farsi friggere. Risultato: alla fine di quell’anno ebbe un’altra ischemia, ma stavolta le conseguenze furono più serie e, in pratica, il babbo rimarrà semiparalizzato in modo definitivo. Ad appena 55 anni si chiuse così la sua carriera. La giustizia…»
GLI INIZI
Ma come è cominciata la storia ippica di Orlando? «Tutto parte �" prosegue Sergio �" dal mio bisnonno Oreste. Siamo agli inizi degli anni ’30, e la mia famiglia, allora, era decisamente facoltosa. Fra le proprietà avevano anche il famoso locale fiorentino Gambrinus. E al mercato centrale avevano diverse macellerie. Però, il bisnonno Oreste, aveva anche una grande passione: i cavalli. Dove ora sorge l’Aereonautica militare aveva il suo allevamento di trottatori, e su quei prati è nato un certo Jago Clyde, grande campione degli anni ‘30 e acerrimo rivale del campionissimo Aulo Gellio. Ed è lì, frequentando quei prati, che nel babbo e anche nel mio zio Sergio, nacque la passione per i cavalli. Anzi era talmente tanta la voglia di confrontarsi in corsa che il babbo cominciò con il galoppo, dato che lì si poteva cominciare a correre a 14 anni. E se la cavò anche piuttosto bene. Addirittura è stato anche alla famosa scuderia Mantova. Ma ben presto, alto come si ritrovava (abbondantemente sopra il metro e ottanta), il babbo fu costretto a virare verso il trotto, anche se rimase per sempre appassionato delle corse al galoppo, tanto che, quando era libero da impegni trottistici, ricordo che ci caricava tutti in macchina e andavamo a seguire le corse nei vari ippodromi di galoppo toscani. Al trotto iniziò con Omero Baldi, passò allievo con Umberto Nencioni, con il quale prese la licenza e cominciò a levarsi le prime soddisfazioni. Poi, a causa di quel caratteraccio che aveva, ne combinò una delle sue e gli fu tolta la licenza per diverso tempo. Gli toccò andare a lavorare nelle macellerie di famiglia. Passato questo periodo, che non ricordava con molto piacere, tornò a lavorare con i cavalli ricominciando con il grandissimo Cincerina, che è stato senza dubbio il suo maestro. Il babbo lo diceva sempre: “Bravi come lui non ne ho mai conosciuti. Un vero fenomeno!”
APRE SCUDERIA PER CONTO PROPRIO: ARRIVANO SUBITO GROSSE SODDISFAZIONI
Poi? «Continuò a lavorare con Cincerina, facendo la seconda guida di Vivaldo, fino alla fine degli anni ‘50, poi si mise per conto proprio e i risultati arrivarono quasi subito. Raul �" continua Sergio �" fu il primo cavallo di spessore realizzato dal babbo. Con lui arrivò a correre le classiche levandosi la prima grande soddisfazione della carriera: secondo nell’“Etruria”, nella sua Firenze, alle spalle del mangelliano Grifone con William Casoli. Poi arrivò Alarì, uno dei cavalli che il babbo ha sempre ricordato con grande piacere. Era un gran buon cavallo, ma destino volle che in quella generazione ci fosse un certo Steno… Con Alarì il babbo vinse a Napoli il “Gran Premio Capodimonte”, ma a causa della presenza di Steno, praticamente imbattibile, furono per lo più piazzamenti».
E rimettendo insieme i dati, è evidente che Alarì fu un primaserie, dato che si piazzò in tantissime classiche, ma davanti, appunto, c’era quasi sempre Steno. Questo lo score di Alarì: 2° nel “Cupolone”, 2° nel “Società Terme di Montecatini”, 2° nell’“Etruria”, 2° nel “Città di Napoli”, 3° nell’“Elwood Medium”, 3° nel “Premio dei Laghi”, 3° nel “San Giuseppe”, 5° nel “Derby” e, da anziano, 3° nel “Giorgio Jegher” e nel “Villa Glori”. Corse anche il “Lotteria”, senza però arrivare alla finale. Ma era in lizza con i migliori anziani dell’epoca.
«Poi è arrivato Zoom, anch’esso poco fortunato perché fu l’annata dei fortissimi Freddy, Top Hanover e Dalia. Zoom arrivava subito dopo di loro e così, nel suo percorso classico, ci furono, più che altro, molti piazzamenti, anche se da ricordare è l’ottimo terzo posto nel “Continentale” dietro, appunto, a Top Hanover e Freddy. Ma di lui �" ci spiega Sergio �" voglio ricordare un aneddoto. Ebbene, come in tanti sanno il padre di Zoom era Volfango che, pur essendo un mangelliano, non era certo fra gli stalloni top del momento. Anzi. Allora il proprietario Giovanni Bianchi della Pradaccio, ben conoscendo il carattere del babbo (non gli andava bene niente, figurati se gli avesse portato in scuderia un figlio del non certo rinomato Volfango) non gli volle dire chi era il padre fino al giorno della prova sotto le luci, che allora fungevano da prove di qualifica. E forse fece proprio bene...»
E poi si arriva a Stillo? «Aspetta, prima c’è stata una signora cavalla che si chiamava Dabola. Anche lì il babbo fece un capolavoro, portandola a militare quasi in prima categoria. E nello stesso periodo c’è stato un altro ottimo cavallo che era Vatex. E poi, parlando dei migliori soggetti usciti dalla scuderia, arriva proprio Stillo. Anche di lui �" prosegue Sergio �" è bene ricordare la genealogia: il padre era Crevalcore, grande campione in corsa, ma in razza… E Stillo credo proprio sia stato il miglior prodotto del forte figlio di Mighty Ned. Legato a Stillo c’è un bell’episodio da raccontare. Degno di un romanzo di De Amicis. Ebbene, quando il babbo ebbe il primo malore, quello con Billing, in scuderia, prontissimo (era arrivato secondo nel “Cupolone” e terzo nel “Criterium Arcoveggio”), c’era proprio Stillo che avrebbe dovuto partecipare di lì a poco al “Gran Criterium” a Milano. Con il babbo in ospedale, chi avrebbe potuto guidare Stillo? Non ci furono dubbi: Ledo Pellegrini, la seconda guida. Insomma, al babbo non gli passò neanche per l’anticamera del cervello di andare a cercare un guidatore di grido. Ledo era la seconda guida, e Ledo avrebbo dovuto guidare Stillo. E fu così che il nostro Ledo Pellegrini, in quel di Milano, volando via in retta William Casoli con Bulbo e Nello Bellei con Scellino in lotta fra loro, ebbe il suo giorno di gloria. Fu veramente tutto molto bello».
Poi? «Stillo è stato il suo ultimo cavallo di livello importante. Ma, seppur meno famosi, sono stati però tantissimi gli ottimi soggetti alle sue dipendenze. Fra questi mi vengono in mente Gioberti, Mingo, Marisa, Edace, Maitani, Pacifico, Pelagio, Paganella, Quillone, Talamone, Rinforzo, Amontillado, Cerrecchia, Eimi e tanti, tanti altri».
LE PARIGLIE E LE SUE DOTI NELL’INSEGNARE
Abbiamo già detto della serata magnifica del “Città di Montecatini” vinto con Agaunar, ma non abbiamo parlato delle corse a pariglie nelle quali Orlando era abilissimo. «Il babbo era veramente un grande uomo di cavalli ed effettivamente anche con le pariglie se la cavava assai bene. Ti assicuro che far “funzionare” in sincronia due cavalli non è assolutamente facile. E lui in questo riusciva molto bene. Addirittura riuscì a costruire una pariglia perfetta, che dominò il campo, mettendo insieme un cavallo completamente cieco (Poldo di Caorle) con uno che correva con lo strangolino (Rinforzo). Un mito!»
Con le pariglie Orlando è stato, con te, anche un buon maestro, dato che sei unanimemente riconosciuto come “Il re delle pariglie”. «Il babbo aveva la capacità innata di insegnare agli altri a districarsi in sulky con i cavalli. Un vero maestro. Quasi tutti i giornalisti e calciatori che prendevano parte alle famose sfide calcio-stampa “passavano” dalle nostre scuderie. Insomma è dal babbo che imparavano i rudimenti per poter poi andare a correre. Ed è sempre con il babbo che molti guidatori e gentlemen, nonché l’indimenticabile e bravissima amazzone Maria Grazia Franceschini, hanno imparato il mestiere. Ed è ovvio che anche io, come del resto mio fratello Luca, semplicemente fenomenale con le corse con i nastri tanto che ha vinto diversi frustini d’oro con le corse tris, abbia imparato tutto da lui. Compreso la difficile arte degli attacchi a due, ovvero le pariglie. Ho vinto diverse volte, ben cinque, ma essere definito “Il re delle pariglie” forse è un po’ troppo. Diciamo che me la cavavo abbastanza bene e soprattutto mi divertivano molto. Pensa, un po’ di anni fa non avevo rinnovato la licenza, ma quando mi proposero una pariglia con cui correre, rinnovai in fretta e furia. E vinsi...»
GLI ORLANDI OGGI
E ora Sergio cosa combini? «Nella mia carriera mi sono levato delle belle soddisfazioni. Il cavallo del cuore è naturalmente Amulio con il quale, nel mio piccolo, ho fatto veramente grandi cose. Ma l’ippica, come sappiamo, ormai da diversi anni è in gravissima crisi. Ho tenuto finché ho potuto, ma a un certo punto, quando i conti proprio non tornavano più, ho preso la soffertissima decisione di chiudere la scuderia. Ora collaboro, nelle giornate di corse, con la Società Fiorentina Corse Cavalli per la quale lavora, come dipendente, anche mio figlio Maurizio. Insomma non in sulky, ma nell’ambiente ci siamo ancora. In pista, dato che anche mio fratello Luca non ha rinnovato la licenza, è rimasto suo figlio: Orlando».
Già, Orlando… Da Orlando abbiamo iniziato, e con il nipote Orlando prosegue sulle piste la storia della famiglia Orlandi.
Senza dimenticare che, degli Orlandi in attività nelle corse al trotto, c’è anche il simpaticissimo Alessandro: cugino di Sergio jr. e Luca, figlio di Sergio sr. (questi fratello di Orlando e anch’esso molto bravo nell’arte delle redini lunghe) e fratello di Andrea che ricordiamo ottimo collaboratore alla Biasuzzi. Ma qui comincia un’altra storia…
Vanni Berti
Nella foto Agaunar con Orlandino vince il Città di Montecatini al Sesana.